Flessibilità e adattamento culturale dovrebbero essere due principi guida del marketing fieristico per fare business nel mondo delle fiere e degli eventi, soprattutto in un contesto internazionale.
Dovrebbero esserlo in tempi calmi, figuriamoci in periodi di mercato ‘audaci’ e incerti come questo post Covid dove, nonostante le riaperture generalizzate, un po’ tutti gli attori di mercato si stanno guardando intorno per capire dove tirerà il vento a medio/lungo termine.
Liminalità
Questo tipo di sensazione di ambiguità, disorientamento che si manifesta nei periodi di passaggio da una fase all’altra (della storia, della vita, di un rito specifico ecc.) a noi sembra qualcosa di nuovo, mai esperito, sconosciuto.
In realtà è un concetto piuttosto antico, tanto che i latini ne hanno coniato la radice “līmen”, che significa “soglia”. La soglia fra uno stato precedente, e uno successivo a qualche tipo di ‘passaggio’.
Un concetto antico
Nell’antichità era legato prevalentemente all’ambito dei riti, ma in antropologia più recentemente è stato adottato per descrivere il passaggio ed i cambiamenti politico culturali.
Generalmente all’interno di un periodo caratterizzato da liminalità si perdono i contorni dello status quo, delle gerarchie sociali, uno o più elementi che caratterizzano la tradizione vengono messi in discussione e il futuro sembra del tutto incerto e imprevedibile (salvo poi essere eccessivamente razionalizzato ‘col senno di poi’, come nella teoria del cigno nero).
Liminalità e mercato di fiere ed eventi
Mai come in questo momento tutta la comunità degli attori coinvolti nel settore fiere ed eventi sta sperimentando questa liminalità: migliaia di fiere ed eventi sono stati cancellati, spostati e/o traslati in digitale. Alcuni dei cambiamenti che abbiamo sperimentato diventeranno permanenti, ma non sappiamo ancora quali.
Le aziende di tutto il mondo hanno cambiato modello di business, ed ora che gli eventi sembrano essere tornati faccia a faccia, sono in corso valutazioni attentissime per capire se e quanto tornare sui propri passi ai vecchi paradigmi. Nessuno ad oggi saprebbe dire quali tecnologie siano destinate a restare, quali scompariranno sostituite in poco tempo, e quali lo stanno già facendo, ora che la domanda di ‘digitale’ sta parzialmente venendo riassorbita dal canale in presenza.
Il Covid, come abbiamo detto più volte, ha accelerato in un paio di anni scarsi processi in evoluzione da un decennio, e ha reso il futuro del settore incerto come non lo era mai stato dal punto di vista della direzione che prenderà l’evoluzione tecnologica e il consolidamento di un framework prevalente per gli eventi (ibrido, fisico, digitale ecc.).
Abbracciare il cambiamento
Tuttavia, è importante non percepire questa incertezza come necessariamente negativa, e per motivare questo concetto ci piace citare le parole di Marco Giberti, uno tra i più conosciuti ed apprezzati esperti del business fieristico internazionale, che a sua volta ha parlato sia del concetto del Cigno Nero che di liminalità in relazione al settore fiere ed eventi:
Non credo che uno stato di liminalità sia un male per il nostro settore. In realtà, proprio il contrario. Credo che sia ciò di cui la nostra industria ha bisogno da molto tempo e trarrà vantaggio da questa transizione. I prossimi due anni saranno probabilmente un po’ accidentati e difficili da leggere e capire. Tuttavia, il prossimo decennio presenterà molti nuovi modelli di business e opportunità per quegli organizzatori di eventi pronti a impegnarsi nell’innovazione.
Questo messaggio si interseca perfettamente con l’intervento di Marco a IEN (Italian Events Network) a proposito di flessibilità e adattamento culturale di cui riportiamo una piccola parte:
Vuoi approfondire l’argomento?
Sulla piattaforma IEN potrai rivedere l’intervento completo qui: https://bit.ly/3mRmMuG